La studentessa Inna Braverman aveva solo due settimane di vita quando esplose la centrale nucleare di Chernobyl. Viveva con la sua famiglia a Kiev, in Ucraina, città appartenente al raggio d’azione dell’esplosione.
La neonata ha inalato l’aria piena di polvere radioattiva e ha smesso di respirare per qualche secondo. Quegli istanti hanno profondamente influenzato la vita della ragazza. Tanto da motivarla ad inventare un sistema per creare energia pulita e sicura.
“Ho una seconda possibilità”, dice. “Sono cresciuta sapendo DI dover fare qualcosa di diverso, di grande nella mia vita. Dopo Chernobyl, sentivo la necessità di trovare un modo più sicuro e pulito di sfruttare l’energia”
Vent’anni dopo, appena laureata, molte aziende già lavoravano con la produzione di energia solare, eolica e idroelettrica. Nessuno aveva ancora pensato di sfruttare un’altra grande fonte di energia rinnovabile: le onde dell’oceano.
Trasformare le onde d’urto in elettricità non era così facile. Questo perché un’onda particolarmente forte può distruggere la strumentazione di conversione da onda a elettricità. Ed è già accaduto in due impianti.
Per ovviare al problema, si era pensato di progettare una grande struttura. Più al largo, per catturare l’energia delle onde. Ma secondo la donna è un’idea molto costosa e inaffidabile.
Inna Braverman ha pensato ad un’alternativa meno costosa e più sicura. Installare “galleggianti” su strutture artificiali già esistenti, i moli e frangiflutti.
In questo modo mentre i galleggianti si muovono su e giù con il movimento delle onde, si crea pressione nei pistoni idraulici. Questi spingono un liquido biodegradabile in un tubo verso un accumulatore situato nell’acqua.
L’accumulatore muove un motore idraulico. E’ collegato ad un generatore per produrre elettricità. Si chiama Eco Wave Power. E’ un sistema che può funzionare ovunque, con onde alte almeno mezzo metro. La donna afferma che questo progetto può generare il doppio della quantità di elettricità prodotta attualmente da tutte le fonti.
Eco Wave Power è riconosciuta come “tecnologia pionieristica” dal capo scienziato del Ministero dell’Energia israeliano. Il Portogallo, invece, spera di ricavare il 25% del proprio consumo energetico annuale dalla potenza delle onde.