Sempre di più, negli ultimi anni, s’introducono attività socio-lavorative nelle prigioni, per cercare di integrare i detenuti, come una forma di riabilitazione. Un nuovo progetto, diverso dall’ambito lavorativo, è stato applicato in America. Qui, in una prigione dell’Indiana, è permesso ai detenuti di prendersi cura dei gatti randagi, che altrimenti andrebbero incontro ad eutanasia. Questa metodica ha portato ottimi risultati, in quanto il comportamento umano è migliorato ed in questo modo sono state salvate le vite di moltissimi animali.
Tenere i gatti in prigione può comportare molteplici benefici
Negli USA, in un carcere dell’Indiana, ha preso piede un nuovo progetto, chiamato Forward (Felines and Offenders Rehabilitation with Affection, Reformation and Dedication). Questo consiste nel dare la possibilità ai detenuti di tenere un gatto randagio e di prendersene cura, come animale domestico personale, ma in cambio non devono infrangere le regole del carcere.
Dai primi risultati è emerso che i prigionieri amano i loro animali e che, pur di non separarsi da loro, controllano molto di più i loro atteggiamenti. Quindi grazie a questa nuova iniziative, molti gatti non vivono più per strada, ma adesso hanno una casa ed un proprietario, e le risse e le rivolte nel carcere sono diminuite.
Infatti, secondo Andrea Beetz, una psicologa e docente di relazioni uomo-animale all’Università di Rostock, gli animali, proprio come gli umani, rilasciano ossitocina. Ed è proprio questo ormone il responsabile del benessere. Gli uomini, coccolando ed accarezzando i propri gatti alleviano lo stress. Di conseguenza, in questo modo riducono l’aggressività e la situazione nelle carceri migliora. Qualora il detenuto volesse, la sua famiglia potrebbe richiedere l’adozione di uno di loro, in modo da non separarsene mai più, nemmeno dopo aver scontato tutta la pena.
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