L’egoismo di alcuni esseri umani supera la nostra immaginazione. Il cane ritratto nelle fotografie, poi chiamato Kanzi, vagava per strada senza fissa dimora. Era costretto a cavarsela come meglio poteva con quel che trovava. Nel frattempo, nessuno pensava ad aiutarlo. Focalizzati su sé stessi, i passanti lo degnavano a malapena di uno sguardo, quasi fosse invisibile. Stremato e con il cuore spezzato, il piccolo si distese, sotto la pioggia gelida.
Ormai sembrava aver gettato la spugna: del resto, perché lottare se nessuno ti degna di considerazione? L’autostima del Fido era ai minimi livelli e spegnersi lo avrebbe almeno alleviato dalle tante sofferenze. Nemmeno sdraiato, le persone che transitavano nei paraggi si interessarono a lui. Poi arrivò finalmente una coppia di buoni samaritani: capitata lì casualmente, provò un enorme dispiacere nel vedere il quadrupede versare in condizioni tanto critiche.
Ormai credevano fosse morto. Così presero una coperta, ma, nel momento in cui gliela stava mettendo per garantirgli una degna sepoltura, arrivò il colpo di scena. Con impercettibili movimenti, il “batuffolo di pelo” dimostrò di essere ancora in vita! Tirò su il petto e aprì gli occhi. I salvatori condussero il cane in uno studio veterinario, dove i medici ne tracciarono un profilo medico sconcertante.
Il corpo era pieno di vecchie ferite e le analisi del sangue diedero pessime notizie. Difatti, era in insufficienza renale ed epatica.
Le probabilità della sua guarigione erano pressoché minime, perciò il dottore consigliò di sopprimerlo. La coppia propose un’alternativa: di somministrargli antidolorifici e liquidi per via endovenosa. E si videro accogliere la richiesta. Una volta portato a casa cercarono di coinvolgerlo in tante attività: a prescindere da quanti giorni gli sarebbero rimasti, desideravano fargli capire cosa si provasse a sentirsi amati.
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