Gli elefanti sono, troppo spesso, utilizzati dall’uomo come fenomeni da baraccone o per dare spettacolo. Ma la loro natura è ben diversa da tutto questo. Innanzittutto non sono abituati a stare tra a tutte queste persone, si rischia, infatti, che la loro emotività sia intaccata per sempre. E, un animale grande e grosso come questo, può, secondo voi, reagire bene ad una vita in catene? Un’esistenza passata a soffrire relegato a pochi metri quadrati di spazio quando, in natura, è abituato a ben altri spazi?
Ecco, oggi affronteremo un problema davvero delicato e che, soprattutto, mi sta molto a cuore: quello della cattività di questi pachidermi. L’uomo deve smetterla di usufruire in questo modo delle creature viventi, relegandole ad un esistenza di sofferenza e solitudine, di prigionia solo per il prioprio tornaconto personale.
Oggi vi parlerò di questo elefantino meraviglioso, liberato dalle catene e da uomini che gli volevano solo del male. E, oltretutto, gudagnavano denaro sulle sue sofferenze. L’elefantino ora è cresciuto e si trova in un posto sicuro ed è questo ciò che conta. Ma quanti ancora ne devono essere salvati?
Carol Buckley è un leader internazionale nella cura e nel recupero degli elefanti. Con i suoi 40 anni di esperienza, ha fondato Elephant Aid International per contribuire a migliorare la vita degli elefanti in cattività. Lei sta facendo ciò che amo: salvare delle vite e, in questo caso, si tratta proprio dei nostri migliori amici elefanti.
Quello che sta facendo questa donna è estremamente importante e non solo va condiviso e diffuso ma anche accolto ed emulato. Dobbiamo dimostrare che al mondo esistono anche persone che si possono dire ancora “umane“. Dalla prima volta in cui Carol salvò il suo primo elefante, pensate faceva solo l’università al tempo, non si stancò mai più di farlo.
Salvando, così, la vita a tantissimi elefanti che ora la amano infinitamente.