Gli animali… se per quelli selvatici sarebbe chimera impiantarli nel loro habitat naturale, affidandoli esclusivamente alla legge della natura (non se ne può più di circhi, delfinari e zoo!).
Per converso, quelli domestici dovrebbero esser messi nelle condizioni più idonee, affinché possano esprimere il loro enorme potenziale. Sì, perché gli animali sono insegnanti. Giungono nelle nostre vite, per istruirci ed educarci attorno agli aspetti di cui la natura umana di per sé, difetta.
Lo fanno in modo incondizionato, incessantemente leale, senza chiedere nulla in cambio. Di poi, quando s’accertano di aver impresso nel proprio umano, basi propedeutiche ad incommensurabili valori e virtù, la loro missione è da ritenersi terminata. S’incamminano verso nuovi mondi.
Il 29 gennaio dello scorso anno, la mia coesistenza assieme ad Ugo, subiva la terrena interruzione. Averlo perduto, ha significato esser trafitto nel punto più centrale del cuore. Precipitato negli abissi più scuri, panacetiche ed amorevoli mani mi hanno riportato dapprima a galla, successivamente a riva.
Il dolore ed il suo eterogeneo manifestarsi, sorto in seguito alle improcrastinabili circostanze, richiede tuttavia un pizzico di rispetto. Qualunque individuo abbia vissuto lo strazio affettivo, contiene nel proprio interno, fino ad indeterminati giorni, un cratere di lacrime. Quest’ultime, in nessun modo si disidrateranno.
I detrattori degli animali e financo taluni attori di visibilità sociale, tanto devoti a sorpassate, anacronistiche credenze, privi di sensibile acutezza, imbarazzatamente incolti al cospetto d’un tanto basilare quanto capitale oggettivo concetto.
L’amore, scaturisce da un’unica fonte. Il rafforzamento della stessa, passa dalla capacità dell’essere umano di rendersi sincronico manifesto affettuoso a beneficio d’innumerevoli soggetti.
L’amore ammette tantissime giustapponevoli coniugazioni. Per cui, l’affetto per la madre è diverso da quello per la ragazza, quello per una sorella diverge da quello per il nipotino, etc, etc…
Trattasi pur sempre di amore.
Nella personale fattispecie, l’affezione nei confronti di Ugo, (giuridicamente parlando) non ha mai viziato tantomeno sostituito quella dei miei più intimi legami. Anzi, la commistione familiare ha determinato momenti indimenticabili ed irripetibili.
Interpellato da diverse testate giornalistiche, testualmente dissi: “Ugo, è stato tante belle cose, tutte messe insieme”. Durante i suoi vissuti, mi ha trasmesso la fatata sensazione di avere accanto un fratello, un figlio, un Amico (la cui iniziale lettera è in maiuscolo).
Indottrinandomi circa l’arte del prendersi cura. La mia ombra o la mia spalla (così definito da terzi annoverabili tra le mie amicizie romane). Mai nessuno prenderà il suo posto. Ciononostante, il mio quotidiano versamento, diretto o indiretto, nei riguardi dei randagi o in linea tendenziale degli animali sfortunati, non mancherà. Anch’essi, da ritenere al pari degli ultimi dei testi evangelici. Non fanno del male a nessuno, però disprezzati dalla moltitudine.
Ugo, ha accompagnato i miei passi per più della metà dei miei anni. La nostra, al riparo da stucchevoli e diseducativi modi di viversi affettuosamente, è consistita in un onorabile intreccio tra due specie diverse. Ove ciascuno ha dato all’altro, al contempo ricevendo nella stessa misura.
Senza di lui, il lungomare di Leuca è incolore (e chi ci va più?!?), l’ingresso a casa difetta nello spartito d’una delle dolci note più appassionanti, la coperta è corta, vulnerabile al freddo.
In seguito alla sua dipartita, per diverse settimane, addentrarmi nella mia camera non è stato semplice. Ivi, era racchiusa l’entità dell’ultima notte tiranna, trascorsa insieme. La ricorderò a lunga memoria.
Il suo eloquente sguardo tacitamente comunicativo, di chi aveva intuito che i residui granelli di sabbia della clessidra, presagivano i titoli di coda della nostra storia e lo avrebbero fatto emigrare “in un posto migliore”.
Sebbene allo stremo delle forze, Ugo fino alla fine, cercando complicità nel mio sguardo, (mi) ha offerto la sua profonda fedeltà. Ad Ugo, un ricorrente GRAZIE (a cubitali lettere) per tutte le fantastiche emozioni regalatemi.
In fase d”apertura, ho parlato di terrena interruzione. Perché, io e lui rispettivamente nella collana e nel collare, portiamo un ciondolo. In cui è trascritta una dedica che gli feci, divenuta la nostra parola d’ordine. La particolarità di tale ciondolo è il suono emesso in processo di moto.
Difatti, durante i miei ritorni a casa, prim’ancora di vederlo apparire, udivo il suo sopraggiungere, proprio in ragione del dondolìo.
Quando arriverà il giorno, non sarà difficile riconoscersi. Corri Ugo. Corri…
Credits: Francesco Bella