Ogni anno migliaia di animali soffrono e deperiscono nei laboratori, costretti ad atroci esperimenti. Nate, un bellissimo cane di razza Husky, è andato davvero vicino a pagare con la sua stessa vita l’avidità umana degli operatori del centro presso cui era stato rinchiuso. Quando lo hanno trovato mentre vagava in giro per strada nessuno degli operatori del rifugio aveva immaginato si celasse una verità del genere. Tuttavia, avevano come la percezione che la sua storia fosse diversa rispetto a quella degli altri ospiti della struttura.
Lo consideravano un cane vittima di “semplici” abusi: la scioccante verità viene a galla col microchip
Gli occhi infossati e tormentati indicavano una lacerante sofferenza. Inoltre, a differenza dei propri simili, era parecchio ombroso, chiuso in sé stesso. Non intendeva socializzare con le persone, al che era piuttosto insolito, dato quanto i nostri fedeli amici a quattro zampe amino di norma rapportarsi con l’uomo.
Per essere così diffidente nel mettersi in gioco doveva portarsi appresso delle esperienze traumatiche, si dicevano i membri dello staff. Gli operatori lo hanno allora sottoposto ad apposite scansioni, in maniera da stabilire se avesse o meno un microchip. È stato giusto allora che hanno cominciato ad allineare i puntini. Il meraviglioso esemplare di Husky era stato registrato in un laboratorio e per mesi era stato sottoposto a test brutali.
Dopodiché, gli stessi aguzzini lo avevano lasciato libero, una volta portato a un punto di rottura. Invece di prendersi cura del suo disagio psicologico, avevano preferito lavarsene le mani.
Il rifugio ha contattato i membri del Beagle Freedom Project, avendo già avuto casi del genere. In sinergia sono partiti alla ricerca della giusta madre adottiva, rivelatasi essere una donna dotata di un grande cuore. Per mesi ha affiancato il Fido nel percorso di riabilitazione al fine di ricucirne le cicatrici nello spirito. Il duro lavoro ha alla fine ripagato: per sempre Nate resterà un guerriero speciale agli occhi della padrona.
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